C'è un profumo nell'aria, a volte, che ti ricorda l'inafferabilità di qualche momento passato.
Uno di quei profumi che ti riportano esattamente in un preciso istante del tuo vissuto; sai cosa è successo, lo ricordi. Eppure ti manca qualcosa nel visualizzarlo mentalmente. Ha contorni opachi di una vecchia fotografia. Sai per certo che la nonna ha solo tovaglie bianche eppure in quel profumo l'hai sentita blu. Sai che tuo cugino ha gli occhi scuri e glieli hai sentiti verdi.
Inspiegabile, insaisissable.
Non sto parlando né di madeleines né di tazze di thè, per carità.
Parlo di profumi che ricordano atmosfere, di atmosfere profumate che ricordano periodi, di periodi passati che vorresti riprodurre. O semplicemente rivivere. O di cui vorresti trovare foto che non hai mai fatto, per afferrarli meglio.
L'altra sera ero ad una conferenza, in università, che è finita intorno alle 22. Sono uscita, semi sorridente ed assorta, un po' nei pensieri su quello che era stato detto del povero e maltrattato argentico, un po' in Damien Rice che cantava ...time is contagious, everybody's getting old... a palla nelle mie orecchie.
Mi dirigo verso il tram.
Ai lati del viale c'è del prato, sul prato studenti che cantano con le chitarre. Alcuni hanno le tende, addirittura. Sotto un albero c'è un vero e proprio impianto amplificatore e un gruppo che suona. "Tribute to Jim Morrison", recita uno striscione.
Avrei voluto avere una macchinetta fotografica. Erano belli.
E a metà passo, mi fermo, interrompendo quel gesto semi automatico di ritiro e distensione del ginocchio. Scuoto il capo, facendo cadere le cuffiette.
Inspiro. Ancora. Non voglio espirare, potrei perderlo. Prima di scoppiare, espiro. Ed inspiro di nuovo. C'è, ma si sente che è effimero. So che ce ne sarà troppo poco nella prossima boccata d'aria. E rilascio piano piano piano piano. Piano.
Ci sono stata.
Sul bordo di quelle piscine così simili, prima dell'obbligatoria nuotata vestiti. E di cambiarsi tutti insieme, femmine in una camera e maschi in giardino, perché l'aria si sentiva fredda. Su quei prati radi e mal tenuti, dove si intravedeva rossa la terra battuta. Battuta da mille piedi, piccoli, che ballavano canzoni poco conosciute. Alla luce, al buio. Il massimo consentito erano le 9 di sera. E mio padre si faceva vedere sempre un po' prima, ''per non esagerare, che non ti vediamo da stamattina io e tua madre''. E ballavi i lenti di Céline Dion a mezzo metro di distanza (tranne nel caso in cui in quel momento stavi insieme al tuo cavaliere, al che eri autorizzata alle mani incrociate dietro la nuca e lui le sue dietro la schiena. Fin troppo sopra il sedere, non eravamo abbastanza maliziosi) ma gli sorridevi ed arrossivi. Tutti ballavano. Tutte le ragazze venivano invitate, nessuno si vergognava. E ballavi i ritmi impazziti degli Oasis degli inizi o dei Fool's Garden girando velocemente ad occhi chiusi, le mani intrecciate con il/la partner. Non avevi altri pensieri se non che i tuoi non arrivassero troppo presto. Prima che lui si avvicinasse nell'angoletto buio dove nessuno vedeva e tutti potevano guardare. E ti desse quel bacino sulle labbra che avevi aspettato tutta la serata.
Ci sono stata.
C'erano negli angoli le casse prese in affitto per la serata, quelle con i blocchi di ghiaccio rettangolari che tenevano fresche le sucreries, le bibite. Le 50cl di vetro, rigorosamente di vuoto a rendere. Le cocacola con la classica forma sinuosa, le fanta col vetro zigrinato, le sprite rarissime e con il pallini mezzi incavati nel vetro verdino.
C'era il fratello maggiore che faceva da DJ, oppure era il vicino di casa. O ancora ognuno andava lì e cambiava cassetta o cd.
Vas-y Frankie, c'est bon, vas-y Frankie, c'est bon bon bon..
Il trash ancora anni '80esco, il look ancora alla Beverly Hills. Ma quale look? Gli unici imperativi dell'ultima moda, in quell'angolo sperduto del mondo, erano i jeans, alle feste del sabato sera. E ancora, erano apprezzatissime le gonne. Mica le gonne corte! Lunghe e dritte. Avevo odiato mio padre perché diceva che se già ero bassa non mi aiutavano di certo, ma la mamma per rimediare mi aveva comprato le palladium a sandaletto coi tacchi. Bianche. E i jeans erano quelli da bambina, dritti, quasi per niente aderenti. E ne andavi fierissima. Sopra? Le più audaci scoprivano già l'ombellico con top a metà pancia. Io no. Io adoravo i camicioni un po' svasati. Erano di moda anche quelli. Con la canottierina sotto.
Ci sono stata. Sono tornata senz'aria (era un po' che avevo espirato, effettivamente) all'asfalto e alla musica tributo a Jim Morrison, sul marciapiede dell'Université Libre di Bruxelles.
Per un attimo ho fissato le cuffiette che dondolavano mandando qualche nota deformata di Damien Rice nell'aria mite, tiepida. Stranamente secca.
Ci sono stata.
Mi è rimasta una voglia infinita di Schubert, e di feste in giardino. Luci soffuse, e tanta bella musica, da ascoltare e da ballare.
E' la compagnia che va ricreata.
E quello, be'. E' molto più difficile.
In testa, tra gli altri pensieri, mi è rimasta Nobody's Wife. La ricordate, Anouk?
Aspettavo con ansia quel momento, perché erano due balli in uno. Iniziavi con un ragazzo, e poi le giravolte da pazza ad occhi chiusi le facevi con lui.
E, generalmente, per fine serata, last but not least, erano riservati i vari Mr Boombastic&Co. E, dulcis in fundo.
Killing Me Softly With His Song, Fugees.
...And some things, they stay the same. Like...souvenirs.
Hai reso così bene l'atmosfera che per un secondo ero lì con te...
Un salutino passando per il tuo blog
Laura