Dopo un anno a Parigi e sei mesi a Bruxelles, uno dovrebbe essere abituato alla pioggia, non credete?
E invece no. Lì la pioggia è parte integrante di quella geografia piatta e così diversa dai colori gialli, ocra e rossi che vedo in Roma. Lì la pioggia cade a pennello su abbaini, tetti a spioventi, alti palazzi o nuove strutture. Lì la pioggia annuncia la normalità, annuncia la neve, annuncia l'autunno, la primavera.
Qui la pioggia stona.
Non so come spiegarlo, ma stona!
Sinceramente, a me la pioggia piace. Ah! Che cavolata. A me piace quando, come oggi, posso decidere di non andare all'università e di rimanere in casa, a guardare il vuoto davanti a me con il libro di Scienza della Politica aperto (a pagina 10).
Mettere i piedi nelle pozzanghere è tutt'altro che divertente.
E poi, su, se pioveva, faceva anche freddo. A Roma no. Insomma, non freddissimo. E con la giacca pesante hai caldo. E con l'impermeabile hai freddo.
Chi è che aveva nostalgia delle mezze stagioni? Ah, io no di certo.
Si prospetta un week-end simpatico. Let's hope so!
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